LA MESSA È FINITA, ANDATE IN PACE
Real Madrid-Real Sociedad, ultima giornata di Liga 2024-25, è vissuta più sulle celebrazioni che sul calcio giocato. Nell’inutilità di una partita che non aveva più alcuna ripercussione sulla classifica, il solo veramente interessato a ciò che accadeva in campo era Kylian Mbappé, ancora in corsa sia per il Pichichi che per la Scarpa d’Oro. Il francese ha realizzato una doppietta e messo praticamente in cassaforte sia il primo che il secondo titolo individuale, entrambi ufficializzati il giorno dopo.
Ma ieri l'altro, al Santiago Bernabeu e dintorni, è stato il giorno dell’addio di due leggende madridiste: l’allenatore e il giocatore più vincenti (a livello di titoli) nella storia del club. Sia Carlo Ancelotti che Luka Modric, ognuno a modo suo, sono stati sacerdoti di uno dei periodi più gloriosi e produttivi del Real Madrid.
Del centrocampista croato ho parlato diffusamente un paio di giorni fa. Oggi voglio spendere due parole su Ancelotti, che avrebbe meritato di andarsene da vincitore e invece lascia al termine di una stagione talmente densa di ombre da oscurare (almeno in parte) quanto era stato fatto in quella precedente.
Il bilancio di Carlo Ancelotti al Real Madrid è di 6 stagioni complete, chiuse con 250 vittorie, 50 pareggi e 53 sconfitte in tutte le competizioni. I trofei alzati dal tecnico di Reggiolo sono 15, così suddivisi: 3 Champions League, 2 Liga, 2 Coppa del Re, 3 Supercoppa Europea, 2 Supercoppa di Spagna, 2 Club World Cup, 1 Coppa Intercontinentale.
C’è chi sostiene che le sue squadre non abbiano una precisa identità tattica e forse è vero. Ma forse è altrettanto vero che - proprio della duttilità, della capacità di adattamento all’avversario e del trasformismo - Ancelotti abbia saputo farne un’arma, magari non sempre brillante ma molto spesso efficacissima. A parecchi tifosi non piacque l’ammissione che “solo giocando così avremmo potuto sperare di vincere qui” al termine di City-Real della passata stagione, quando i blancos si difesero per quasi tutto il match e colsero la qualificazione ai rigori all’Etihad Stadium. Il pragmatismo è sempre stato alla base della sua filosofia di gioco, così come la libertà concessa ai suoi giocatori, che molti hanno scambiato per mancanza di idee.
Quest’anno gli è stato rimproverato a più riprese di non aver utilizzato con maggiore frequenza i giovani, sia quelli stabilmente in squadra come Güler e Endrick e sia i prodotti della Fábrica di Valdebebas. L’esplosione di Raul Asencio e le prodezze di Endrick in Coppa del Re (nonché di Gonzalo Garcia, autore del gol-qualificazione contro il Leganes nel recupero), sommate alle vittorie a ripetizione conseguite dai “ragazzini” del Barcellona, hanno aumentato a dismisura il diffuso malcontento della hinchada madridista. E per chiudere il cerchio, quando Jacobo Ramon (un difensore centrale) ha segnato al 95° il gol del 2-1 contro il Maiorca, i rimpianti sono aumentati di pari passo con la ferma convinzione che il tempo di Carlo Ancelotti al Real Madrid fosse finito.
Dal 1° giugno, un altro sacerdote prenderà il suo posto. “Con nuove idee e una nuova proposta di calcio” leggo sempre più spesso sui social da parte di chi se ne intende. Io capisco poco di calcio e spero vivamente di sbagliarmi ma temo che Xabi Alonso non sarà in grado di ripetere, a livello di titoli e di vittorie, le gesta di Carletto.
Questo non toglie che il secondo e ultimo ciclo di Ancelotti al Real Madrid fosse giunto al capolinea e fosse inevitabile cambiare la guida tecnica. Anzi: era pressoché doveroso. Solo, dispiace che si sia concluso in questo modo, pur nella consapevolezza che se avesse continuato a vincere probabilmente sarebbe stato confermato.
La messa (di Don Carlo) è finita. Andate in pace!
Commenti
Posta un commento