JUPP HEYNCKES, UN UOMO NORMALE


 

In un articolo apparso diversi anni fa su ultimouomo.com, Tommaso Giagni ha chiuso riportando una sua frase: “Si può trarre forza solo dalla serenità”.

Lui è Jupp Heynckes e giusto 27 anni fa diventò il primo e unico allenatore della storia ad essere esonerato entro un mese dalla conquista della Coppa dei Campioni.

Triste primato, viene da pensare. Ma per chi? Per lui o per chi l’ha esonerato?

Il fatto. Il 20 maggio 1998, ad Amsterdam, il Real Madrid batte la Juventus per 1-0 con gol di Mijatovic e torna ad alzare il più prestigioso trofeo continentale per squadre di club. Erano 32 anni che i blancos non si aggiudicavano la Coppa dei Campioni e non l’avevano mai vinta nella sua nuova livrea “con le grandi orecchie”.

L’allenatore di quel Real Madrid è appunto il tedesco Jupp Heynckes, ex-attaccante del Borussia Mönchengladbach e chiamato nella capitale spagnola dal presidente Lorenzo Sanz per sostituire Fabio Capello, che l’anno precedente aveva vinto la Liga.

La stagione 1997-98 non è stata buona, in particolare da metà febbraio in poi. È in quel momento, con il Barcellona che aumenta progressivamente il suo distacco in Liga, che la società decide il futuro del tecnico. La conquista della Supercoppa di Spagna ad inizio anno (proprio a spese degli azulgrana) non ha compensato il brutto cammino in campionato e l’eliminazione prematura in Coppa del Re, per mano dell’Alaves.

Forse, nella dirigenza non si ritiene possibile che quella squadra possa centrare il bersaglio grosso. O forse, come invece dirà lo stesso Sanz il 28 maggio: “Non si può giudicare il lavoro di un tecnico da una sola partita. Se non avessimo battuto la Juventus, sarebbe stata la stagione peggiore degli ultimi anni!

Vero, ma non del tutto. Capello era stato chiamato dopo lo zero tituli della stagione 95-96, culminata con il sesto posto e la clamorosa esclusione da tutte le coppe europee. Così, giusto per rinfrescarci la memoria.

Non si può giudicare il lavoro di un allenatore da una sola partita ma la Coppa dei Campioni, Heynckes e i suoi ragazzi, avevano iniziato a vincerla ben prima. Con il primo posto nel gruppo D (precedendo Rosenborg, Olympiakos e Porto) e poi battendo Bayer Leverkusen nei quarti e Borussia Dortmund in semifinale.

La finale di Amsterdam non aveva schivato le polemiche, soprattutto perché si riteneva (a torto) che Mijatovic avesse segnato in fuorigioco, laddove invece il regolamento dell’epoca ne rendeva regolare la posizione in quanto aveva ricevuto la sfera dopo un tocco intenzionale di Mark Iuliano.

Ma questo non ha nulla a che vedere con quanto accadde otto giorni dopo, ovvero che Jupp Heynckes fu esonerato e sostituito da Guus Hiddink.

La “normalità” del tecnico tedesco, uomo tanto concreto quanto schivo e poco avvezzo a stare sotto i riflettori, non era piaciuta alla dirigenza bianca e tanto bastava.

Per molti anni, gli altalenanti risultati ottenuti da Heynckes sulle panchine successive (Benfica, Athletic Bilbao, Schalke 04, Borussia Mönchengladbach, Bayer Leverkusen e Bayern Monaco) indussero a credere che Sanz, quella volta, probabilmente ci aveva visto giusto.

Poi, nella stagione 2012-13, il 67enne Jupp prese tutti sottobraccio e riportò la Champions League a Monaco di Baviera, dodici anni dopo l’ultima.

Nel calcio si viene e si va e i bilanci, quando possibile, vanno sempre fatti alla fine. Al Real Madrid, il post-Heynckes fu inizialmente traumatico ma già nel 2000 iniziò il ciclo di Del Bosque, ricco di gloria e di trofei. Un ciclo da suddividere tra l’uscente Sanz, che se ne andrà con due “orecchione” in bacheca, e il primo Florentino Perez, che inaugurerà la stagione dei “galacticos”.  


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